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La verità è precaria. Gli avvocati oggi in Italia

di Maria Carla De Cesari

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1 agosto 2009

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Via Serbelloni a Milano, però, non è paragonabile, per esempio, alle realtà delle città del Sud. Lì, tanti avvocati, in un tessuto economico povero, si contendono i casi di incidenti stradali, dove perlomeno hanno la certezza di essere pagati. «Il rilievo è che il mio punto di vista nasce da una situazione privilegiata? Il punto è un altro: fare l'avvocato è una missione, autorevolezza e potere economico possono essere una conseguenza, non il fine».

È d'accordo Gaia Bonfiglio? «Ho scelto di occuparmi di contrattualistica, di diritto di famiglia e del lavoro, perché sono vivi, ho a che fare con le questioni che incidono sulla sfera emotiva delle persone. Il segreto è prestare attenzione al cliente: se si parte da questo presupposto – dice Bonfiglio – si può tentare di trovare una soluzione, anche fuori dalle aule di giustizia. Può suonare strano perché molti, invece, tentano di agganciare il cliente e di trascinare la causa in tribunale per gonfiare la parcella con il trascorrere del tempo».

Eppure, queste pratiche sono proibite dal codice deontologico. «Bisognerebbe marchiarselo su un braccio il codice», risponde Bonfiglio. Ha mai perso il cliente perché ha sconsigliato di arrivare in tribunale? «Una volta mi è successo. Un cliente ha preso questa indicazione – dice Bonfiglio – per arrendevolezza. È finita che con un altro avvocato, dal fare aggressivo, ha perso la causa». «È difficile – concorda Ceresi – spiegare al cliente, per cui una determinata situazione è chiara e vera, che senza le prove documentali, nel diritto civile, si perde. La verità documentale dobbiamo ricercarla ed è una fatica. Occorre molto tempo per leggere i fascicoli, per capire i punti essenziali, gli snodi, per ricondurre le questioni ai principi fondamentali».

E l'informatica è uno strumento utile? «Paradossalmente, ha complicato le cose. Quando gli atti venivano scritti con la macchina per scrivere avevano pochissime pagine. Le copie erano fatte con la carta carbone e se si sbagliava una parola – ricorda Ceresi – bisognava cancellarla con la gomma, interponendo un foglio per evitare di fare guai sulle copie, che andavano corrette a mano, una a una. Oggi le copie vengono fatte in automatico, cancellare pezzi è semplicissimo e gli atti sono diventati pesantissimi».

La quantità di faldoni di documenti che contraddistinguono oramai i procedimenti di maggiore rilevanza costituiscono «una specie di barriera fumogena che spesso è finalizzata a nascondere la verità. Il compito per il giudice diventa difficilissimo ed è quindi necessario – dice Ceresi – ricorrere a nuove modalità di comunicazione per attirare rapidamente l'attenzione del magistrato sul cuore dei problemi giuridici in discussione». Gaia Bonfiglio, invece, sottolinea gli aspetti positivi dell'informatica: l'obbligo dell'e mail certificata per le notifiche, da novembre, «ci risparmierà le code in cancelleria e alla posta».

1 agosto 2009
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